Questa riflessione nasce da un invito che ho accolto con piacere: quello di prendere la parola durante il saggio di fine anno in una scuola di danza, la New Simply Dance, dove svolgo il ruolo di safeguarding officer. Un momento di festa e di celebrazione, certo, ma anche un’opportunità preziosa per condividere qualche pensiero su come la danza, oltre ad essere arte, sia pure uno spazio educativo in cui si coltivano valori fondamentali per la crescita.
La danza è bellezza, libertà, energia. È espressione, è ascolto, del proprio corpo, dell’altro, dello spazio che ci circonda. È un linguaggio non verbale che insegna qualcosa di profondamente attuale ovvero il rispetto dei confini. Un valore che nasce dentro la sala prove e che continua ad agire anche fuori, nella vita quotidiana ed oggi, sempre di più, nello spazio digitale.
Viviamo in un tempo in cui ogni gesto può essere fotografato, condiviso, commentato. Ogni passo – pure quelli di danza – possono finire in una storia su Instagram o in un gruppo WhatsApp. Ma proprio come in una coreografia si entra nello spazio dell’altro solo con intesa e rispetto, nella vita online è fondamentale la consapevolezza: chiedere il consenso prima di pubblicare, riflettere prima di condividere, essere attenti a come una battuta o un contenuto possa far sentire chi lo riceve o lo subisce.
Educare al rispetto non significa solo dare regole. Significa soprattutto coltivare consapevolezza, empatia ed ascolto. Tutto ciò che la danza allena a fare, attraverso gesti, sguardi, silenzi. La sala diventa così un laboratorio emotivo e relazionale, dove i più giovani imparano a conoscersi, a prendersi cura di sé e degli altri, a regolare le proprie emozioni e a riconoscere i confini propri e degli altri.
Come adulti, il nostro compito è proteggere e forse prima ancora costruire fiducia. Perché i segnali di disagio, soprattutto nei più giovani, sono spesso silenziosi e possono passare da un messaggio che mette a disagio, da una foto condivisa senza autorizzazione, da un comportamento inopportuno normalizzato per abitudine. Servono adulti presenti, capaci di ascoltare senza giudicare, di accogliere e di intervenire con equilibrio.
Il safeguarding non è solo prevenzione. È cultura dell’attenzione. È creare ambienti in cui ogni persona si senta al sicuro, rispettata, libera di esprimersi e di sbagliare senza timore.
La danza diventa anche educazione alla vita.
Ecco cos’è safeguarding, una scelta quotidiana di rispetto, presenza e responsabilità che accompagna la crescita, dentro e fuori dalla sala.
Avv. Simona Maruccio